giovedì 23 maggio 2013

Rossana Campo, il posto delle donne

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Rossana Campo torna al romanzo con un titolo di disarmante chiarezza: Il posto delle donne (Ponte alle grazie, 152 pag, 10 euro). Ma in verità non c’è un posto più enigmatico del posto delle donne. In questo libro, tutto sfuma sfugge e si incrina attorno a un amore, e poi a un delitto. Siamo a Parigi, oggi. Una storia di eros, amicizia, morte, tradimento. Dove la protagonista che investiga su un assassinio si imbatte in un ambiente di maschilismo nero. La scrittura è morbida, in grado di avvolgerti mentre corri a leggere tutto, fino alla fine. E poi pensi all’autrice, che non ha fatto altro in tutta la sua vita che scrivere di altre donne e di quel punto di congiunzione tra amore e violenza, in declinazioni delicate, e complici. E allora ti viene spontaneo andare da lei e farle qualche domanda.

Rossana, ad un certo punto del suo ultimo romanzo lei fa dire ad uno dei suoi personaggi: «Secondo te esiste un amore che non ci sottomette?». Ecco, esiste quest’amore?

Me lo chiedo da tanti anni. In questo caso, volevo raccontare una storia un po’ diversa dal solito. Sono partita da una storia d’amore tra donne. Apparentemente, non c’entra niente il tema del femminicidio o più in generale il tema della violenza di un uomo su una donna. Invece c’entra anche qui. Emma, la protagonista del romanzo, anche per rielaborare altri lutti e altri abbandoni, cerca di andare a fondo rispetto ad  un omicidio che era stato liquidato molto in fretta. E perché era stato liquidato? Perché la ragazza uccisa veniva dalla provincia e faceva la lapdance a Pigalle. A chi può interessare la morte di una così?

Quali zone inconsce smuovono i casi di femminicidio?


Io non volevo scrivere sul femminicidio, ma mi stanno intervistando sul femminicidio quindi vuol dire che  ho toccato qualcosa che non ero cosciente di toccare. In questo caso, fino all’ultimo Emma non sa si sa se ad uccidere sia stato un uomo o una donna, ma di sicuro è stata uccisa una donna. E’ una morte violenta. Perché così tanta violenza sulle donne? Le donne hanno rotto il muro della vergogna, del sentirsi vittime, e denunciano molto di più di prima. Per cercare di capirci qualcosa di più, mi sto rileggendo i libri del femminismo storico.

E cosa le dicono oggi quei testi?

Sto rileggendo tutti i testi di Luisa Muraro. Consiglierei a tutte le donne di leggere L’ordine simbolico della madre. Il suo è un discorso molto bello e forte perché racconta la sua stessa esperienza, cosa che in genere i filosofi non fanno. Che poi questa è la grande lezione della politica delle donne: mettersi in gioco, partire da sé. Il salto è molto importante. Perché non si può parlare solo dell’altro, del padre, del patriarcato, senza ripartire da sé. Ridare significato simbolico alla madre significa poi darlo anche a se stessa. Questa secondo me è la cosa fondamentale che potrebbe anche aiutarci ad uscire dal vittimismo: ridare valore seriamente a se stesse, e non solo in una forma dichiarativa, razionale.

Quindi il lato che fa ombra è anche dalla parte delle donne stesse.

E’ importante dare valore a noi stesse e alle nostre simili. Non dobbiamo vergognarci di prendere la parola e parlare delle altre per le altre, e mi riferisco soprattutto alle sconosciute. Stare dalla parte delle altre, ma profondamente: questo è il punto. I maschi hanno una tendenza aggressiva, a tutti i livelli e, in questo non ci sono differenze di classe o di cultura. Questo è senz’altro vero, anche se non bisogna generalizzare. Ma è altrettanto vero che noi abbiamo una tendenza al vittimismo. E non sappiamo leggere i sintomi di violenza latenti nei maschi che incontriamo. Prima di arrivare all’omicidio, accadono molte altre cose che non sappiamo capire. E’ chiaro che è un’escalation di disprezzo.

Il disprezzo si può esprimere in tanti modi.

Si, ci sono modi ambigui, sotterranei, che si avvalgono anche della complicità delle vittime. E ci sono modi eclatanti. Penso alle minacce che ha ricevuto Laura Boldrini. Sono minacce sessiste, che raccolgono e raccontano un sentimento profondo di disprezzo. I fotomontaggi di donne seviziate, sgozzate, sodomizzate, con la sua faccia, che cosa sono? Un avversario politico uomo non riceverebbe mai questo tipo di minacce, mai si farebbe allusione al suo corpo da deturpare e violare.

A proposito di politici, dal presidente del Consiglio Enrico Letta in giù, la parola “femminicidio” viene all’improvviso ripetuta come una litania, un mantra, quasi a coprire il buco nero di cui stiamo parlando.


Si, diventa uno slogan. Certo, è sempre meglio che un politico intervenga a favore della dignità della donna che faccia finta di niente, però c’è sempre una vena di paternalismo in quei discorsi. Come il Papa, che piace a tutti, ma quando dice alle suore: diventate madri e non zitelle, che cosa vuol dire?  E’ la Chiesa che le vuole zitelle perché impedisce il matrimonio. E poi le vogliono anche madri!!!!  Allora, mi verrebbe da dire, come si diceva una volta: parlate di quello che vi compete, lasciate stare il discorso sulle donne. Siamo noi che dobbiamo prendere la parola. Non solo scrivendo sui giornali, intervenendo nei talk show, ma nella nostra vita. A tutti i livelli. Anche per strada, se assistiamo a un comportamento sessista, secondo me dovremmo intervenire. La mia vita, le mie scelte di ogni giorno e quelle delle mie simili, sono politica.

Quale è ”il posto delle donne”?

Non vorrei svelare il finale del romanzo a chi non l’ha ancora letto. Come sempre un titolo ha diversi significati. Ma è legato soprattutto a un’interdizione. Il posto in cui la ragazza viene uccisa (di sera in un parco vicino Belville è un posto in cui è proibito andare. Il ragionamento inconscio che sottende molti discorsi sulle donne e sulla violenza sulle donne è il seguente: in quel posto era proibito andare e quindi andandoci lei se l’è cercata. In questo tranello spesso cadono anche molte giornaliste donne che quando devono descrivere le vittime enfatizzano il  ritratto da ragazza perbene («non usciva mai di casa, non aveva amanti, aveva tutti nove a scuola»), come se una ragazza che fa una vita diversa meritasse invece di morire. 

(pubblicata sul settimanale Gli Altri)

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