giovedì 28 giugno 2012

Recitare il rosario dando la morte

Una fila diligente di persone da via del teatro Vale fino a Corso Vittorio. In teatro non c’è Paolo Rossi. Neanche Dario Fo, né Emma Dante. Ad attirare un così gran numero di persone è uno spettacolo proposto dagli occupanti del Valle all’interno della rassegna “Sostanze volatili”. Il rosario, da Federico De Roberto, regia di Clara Gebbia e Enrico Roccaforte.. Guidate da Antonella Talamonti (Scuola di Musica Popolare di Testaccio); le bravissime interpreti Nenè Barini, Germana Mastropasqua e Alessandra Roca riescono a imprimere nella voce e nei movimenti geometrici una storia di sottomissione e potere a cui si risponde con l’arte. Educata alla scuola di Giovanna Marini, l’artista siciliana Clara Gebbia ha fatto da ponte tra i diversi fili: la regia, la musica, il teatro, la politica. Ed ecco un’opera ibrida e fertile, che parte con i dialoghi riscritti su testo di De Roberto e finisce con i versi di Pasolini. Mentre dichiara, tra le righe, la propria insofferenza ad un potere che si autogenera praticando una deliberata messa a morte della creatività. Le tre figlie di una nobildonna siciliana recitano ogni giorno il rosario con la vecchia madre. Questo è un giorno speciale. Oggi è arrivata la notizia della morte della quarta figlia, quella che scappò di casa contro il volere della genitrice. Ma la pietà non è un sentimento conosciuto per chi è abituato a incutere un terrore quotidiano, e non è insignificante che nello spettacolo l’apocalittica, bestiale madre sia interpretata da un uomo (Riccardo Luna). Curiosa, affascinate operazione che colpisce i sensi e scolpisce i corpi nel nero lucente della scenografia. Consegnandoci non un’opera aggiornata, ma vivificata. Il testo del 1940 di Federico De Roberto, che in virtù della sua precisione ritmica rimane uno di quei racconti stagliati nella roccia, diventa il basso continuo di una ricomposizione drammaturgica dove tutti gli elementi – corpo, voce, costumi, materiali scenici, impasti di dialetti diversi – si mettono insieme per comporre una partitura che non ha bisogno di slogan per praticare il dissenso e denunciare il rischio di estinzione della cultura e dell’arte. (per il calendario di spettacoli al Valle Occupato, che per il suo primo compleanno ha organizzato un mese ininterrotto di attività, www.teatrovalleoccupato.it)


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