sabato 7 gennaio 2012

Marco Presta: che belli gli individui fragili!


In una forma neanche troppo inconscia, pensava a sé, Marco Presta, quando titolava il suo settimanale “umoristico” (e, attenzione, non “satirico”), Il ruvido. Sa di non avere un carattere così facilmente addomesticabile: una specie di lupo solitario dotato di un corredo luminescente, migliaia di fans che si sbellicano dalle risa ad ogni sua battuta. Più che un ritratto, quello che segue è un “autoritratto con ospite” (l’intervistatore), dove si parla di commedia e si arriva al tragico, in cui si cerca di capire come si fa ad essere allegri tutti i santi giorni che Dio manda in terra da 17 anni (Il ruggito del coniglio, che Presta conduce con Antonello Dose su Radio2) e si scopre che il segreto sta nell’ accoglienza della fragilità umana, a partire dalla propria. Marco Presta apparterrebbe più alla genia del clown triste (l’Augusto), ma poi il clown bianco ha preso il sopravvento sulla malinconia che è stata spostata altrove (la pagina scritta, per esempio). Con una formula semplice e infallibile: sveglia alle sei, due ore di lettura trasversale dei giornali, e via, stereofonici, con il programma che tutti aspettano. Si spulcia così l’Italietta, pelle dopo pelle, e si tiene alto l’umore di chi dal lunedì al venerdì alle otto in punto è sintonizzato - cada il mondo - sulle note caleidoscopiche e rabbiose di un bianconiglio. Riservando al dopo, al fuori scena, l’espressione di un indomabile sé.

All’inizio pensavamo che l’austerity del governo Monti non fosse divertente, e invece in trasmissione vi state scatenando....

L’arrivo di questi signori ci ha fatto tornare ad una morigeratezza a cui non eravamo più abituati, ma che in politica dovrebbe rappresentare la normalità. Perché, parliamoci chiaro, non si sono mai visti grandi statisti ballare il tip tap. Noi veniamo da un periodo che sembrava uscire fuori dalla fantasia del fratelli Vanzina, rispetto al quale ora è tutto più plumbeo. Il fatto è che Italia ne abbiamo viste di tutti i colori. Tra tutti i colori che abbiamo visto, anche il grigio del tempo presente offre i suoi spunti di comicità.

Specialmente se si esprime con un linguaggio tecnico-burocratico....

Che ci permette di ripescare il linguaggio della commedia dell’arte, penso al dottor Balanzone che diceva tutte cose incomprensibili...

Con quel linguaggio, si toccano però questioni vitali, che hanno a che fare con la sopravvivenza di milioni di italiani...

Con le ultime puntate del Ruggito del coniglio, stiamo parlando della crisi economica in chiave satirica, consapevoli di fare un lavoro molto delicato. D’altro canto le cose di cui si ride sono sempre le più crudeli. A partire dalla classica scena di chi cade sulla buccia di banana...Cerchiamo di sdrammatizzare una situazione che fa paura a tutti. A me fa tanta paura, e sono preoccupato per i miei figli, che hanno solo 12 e 14 anni. Non vedo un futuro per loro.

Cosa la preoccupa di più?

Il lavoro. Questo è un paese in cui l’80 per cento delle aziende italiane assume solo per segnalazione. So che saranno costretti ad andare via. E per un genitore non è un pensiero rassicurante.

E lei è mai stato tentato di abbandonare l’Italia?

Io sono un privilegiato. Facendo il lavoro che faccio, sono contento di vivere in Italia. E’ come i ravioli: la satira è un prodotto made in Italy. Ogni giorno ci sono almeno quattro cinque notizie di straordinaria comicità, che difficilmente troverei negli altri Paesi europei.

I suoi comici-cult?

Non cambiano : da Stanlio ed Ollio e Peter Sellars. In Italia, mi piacciono Corrado Guzzanti e Luciana Littizzetto, di cui sono anche amico.

Il comico femminile è ancora un terreno minato. E’ più difficile accettare una donna che faccia ridere, forse perché il suo corpo scenico è più sessuato del corpo maschile...

Si, è vero, è un fenomeno di razzismo culturale, anche se adesso sta un po’ cambiando. Le donne noi le vogliamo seducenti, passive. Ci sconvolge sempre l’iniziativa di una donna che prende di mira qualcuno per riderne.

Franca Valeri ha dovuto inventarsi una figura né donna né uomo...

Si, la femminilità le era d’ostacolo, infatti le facevano fare i ruoli della moglie rompicoglioni di Alberto Sordi, mentre mi dicono che nella vita fosse molto affascinante. Io metterei Franca Valeri è tra i due-tre più grandi italiani della storia contemporanea, accanto a Giorgio Bocca.

Ha molti amici tra la gente di spettacolo?

Quasi nessuno. E comunque ho pochi amici in generale. Mi piacerebbe essere diverso, ma per me comunicare non è semplice. Invidio le persone empatiche, io ci metto un sacco di tempo ad entrare in contatto con qualcuno. E mi risulta complicato anche tenere le amicizie, anche perché la sera non esco mai. Un po’ perché c’è la famiglia, i bambini, e un po’ perché magari mi metto a scrivere o a leggere. C’è sempre la scusa che mi sono alzato alle sei e sono stanco.

Dovendosi alzare tutte le mattine così presto, di pomeriggio le capita di addormentarsi?

Vorrei tanto ma poi non succede mai. Bisogna portare i bambini in palestra, prepararsi un po’ di lavoro per il giorno dopo. Poi sto scrivendo il secondo romanzo.

Argomento?

E’ un libro più crudele del precedente. Parla della crisi, di cosa è diventata l’Italia.

E il vecchio burbero protagonista del precedente, “Un calcio in bocca fa miracoli”, da dove usciva fuori?

Un po’ somiglia a me, un po’ a mio nonno, un po’ ad Enrico Vaime, che è sempre stato un mio grande punto di riferimento. Coincide con il narratore e racconta la storia che nel corso del libro lo farà cambiare.

Enrico Vaime è anche tra i collaboratori del “Ruvido”, il settimanale che dirige assieme a Roberto Corradi....

Si, ci sono molti collaboratori importanti, ci teniamo tutti molto, ma se non troviamo un finanziatore non so quanto dureremo. Già dopo pochi numeri siamo passati alla versione su carta all’online...Il ruvido nasce dalla volontà di fare un giornale umoristico (e non solo satirico), per collegarci alla grande tradizione italiani che passa per Flaiano e il Marc’Aurelio e che negli ultimi anni è degenerata nella satira. Non volevamo parlare di Berlusconi ma di qualunque altra cosa, del signore che porta il cane a passeggio...

Anche perché in tutti questi anni l’ossessione della satira (soprattutto quella televisiva) nei confronti di Berlusconi non ha fatto che conferirgli altro potere ancora....

Berlusconi è stato oggetto di satira per decenni ed è ancora lì. Se vuole sapere come la penso, penso che non ce ne libereremo mai.

L’umorismo è un’arte poetica. Non trova?

Sono convinto che sia allo stesso livello della poesia.

Ci mettono in contatto con la tragedia...

Woody Allen, che è un grande umorista, di cosa parla, se non di morte, di malattia, di solitudine, di follia nei rapporti umani?

E’ vero che con Antonello Dose vi siete conosciuti in parrocchia a 15 anni?

Si, ormai sono trentacinque anni di amicizia che si sono trasformati in un sodalizio artistico spero indistruttibile.

E com’era Antonello da adolescente?

Ci siamo avvicinati per la diversità di carattere. Io sono uno rabbioso e polemico, mentre Antonello è un tipo tranquillo.

Vi vedete anche fuori dagli studi di Radio 2?

Facciamo tuttora vite molte diverse. Antonello ha un compagno (è lui stesso a dichiararlo apertamente), io ho una famiglia, lui fa viaggi spaziali, io considero un’avventura fantascientifica arrivare fino a Viterbo....

Si considera un malinconico?

Decisamente. Il romanzo mi ha permesso di potere riversare sul racconto di una vita questa mia malinconia, mentre in radio esprimo il mio lato più “cazzeggiante”.

Siccome abbiamo citato Woody Allen, che l’astrologia come mania contemporanea ce la ficca sempre, le chiederei persino il suo segno zodiacale.

Scorpione.

Aver compiuto 50 anni l’ha portata a fare qualche particolare bilancio?

Non fa molta differenza avere 49 oppure 51 anni. Diciamo che non ci penso. Penso al romanzo che devo scrivere, alle battute che devo inventarmi per il giorno dopo. Il ritmo del quotidiano per fortuna mi salva da pensieri di questo tipo.

Come selezionate le notizie la mattina prima di ruggire?

Ormai dopo 17 anni, c’è un 80 per cento di tecnica (una lettura mirata dei giornale) e un 20 per cento di sorprese. Per nostra fortuna, in questo Paese l’incredibile trova sempre il modo di manifestarsi.

Cosa guarda in tv?

Documentari e sport.

La sua squadra di calcio?

La Roma, naturalmente. Sono abituato da anni alla sofferenza. E’ una tecnica zen: soffri e speri.

E’ un lettore vorace?

Leggo molto, specialmente d’estate, e soprattutto romanzi.

Gli autori che le hanno cambiato la vita?

Dostoevskij. Ho una predilezione per Saul Bellow (in particolare per Il pianeta di Mr.Sammler) perché, pur essendo americano, riesce a raccontare cose in cui qualsiasi altro occidentale può ritrovarsi.

Una volta lei ha dichiarato di essere attratto dalla fragilità degli esseri umani.

Viviamo tutti corazzati di sicurezza, di ironia. E’ raro trovare una persona che ha il coraggio di essere fragile in maniera aperta. Si, mi piacciono gli individui dichiaratamente fragili, perché anch’io lo sono. Mi conforta non essere solo, mi mette a mio agio. La fragilità è una compagna di viaggio, è una qualità che ho imparato ad apprezzare. Non penso che sia un handicap. A contrario, ti aiuta a percepire e ricevere il mondo esterno. E’ uno strumento per entrare più facilmente in contatto con gli altri.

Come osserva le cose intorno a sé?

Fin da piccolo, sono stato sempre attirato dai dettagli: mi colpisce un movimento della mano, il modo con cui una persona è vestita...Dal particolare poi allargo al generale. E’ così che funziono.

Che studi ha fatto?

Dopo il liceo classico, ho frequentato l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Non ho fatto l’attore perché odiavo le tournèe e perché detestavo dire le stesse battute tutte le sere, ma avere una formazione d’attore è stato determinante per il mestiere che poi ho fatto.

Va spesso a teatro?

Quando posso scegliere, preferisco il teatro al cinema. Recentemente, ho visto Natale in casa Cupiello con Nello Mascia. E ho riflettuto ancora una volta su Eduardo De Filippo. Io non ho dubbi: Shakespeare ed Eduardo sono i più grandi drammaturghi dell’Occidente. Per me è assurdo che il Nobel l’abbiano dato a Dario Fo e non ad Eduardo.

E tra gli ultimi film che ha visto, quale l’ha colpita?

Il discorso del re. Mi piaceva la figura di questo re “fuori sink” col mondo.

Con il cinema o la letteratura, arriviamo ad amare i “fuori sink” sentendoci a nostra volta fuori sink. Ma poi nella vita essere non essere sintonizzati ti porta ad essere fatto fuori .

Si, in genere i “fuori sink” vengono bollati con gli epiteti peggiori. Ma io penso che bisogna fregarsene. Il mondo è cinico. Se cadi, tutti ridono. L’importante è non diventare troppo vulnerabili.

Lo darebbe un consiglio a tutti i “fuori sink” del mondo: come si fa ad accettare la propria fragilità senza diventare troppo vulnerabili?

Bisogna essere fortunati con gli affetti. Avere intorno delle persone che ti vogliono bene è determinante. E poi bisogna avere uno scopo nobile, che può significare qualsiasi cosa: avviare una tabaccheria, costruire l’aquilone più bello del mondo, attraversare a nuoto l’oceano, scrivere.

Qualche mese fa, alla presentazione di un libro su Vendola, lei disse: «abbiamo seri motivi per sospettare che sia una brava persona»....Conferma il sospetto?

Il minimo che ci si possa augurare da un politico è che sia una brava persona. Lo potrei dire anche di un uomo di destra. Io ho sempre votato a sinistra e conto di continuare a farlo. Vendola mi piace, Spero soltanto che non cada nel vizio della sinistra italiana che procede per frammentazioni narcisitiche. Per arrivare a governare, abbiamo bisogno di una sinistra unita.
(Pubblicaato su "Gli Altri")

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