sabato 7 gennaio 2012

La forza della prima scena: sesso e potere nel mondo degli attori



Scena prima. Nella sua snellezza, è un titolo che ci prepara ad un “affair”, un problema che non andrà mai completamente risolto. E così è. La pièce di Maricla Boggio, veterana della scrittura e della teoria teatrale, sembra un'opera giovanile (pensando per eccesso, come può essere giovanile Un flauto magico di Peter Brook, cioè il lavoro sottile, leggero, divertito di un maestro che, anche volendolo, non riesce ad essere senile mai). La stessa cosa si può dire per la regia di Mario Prosperi, anche lui teorico e scrittore della scena, artista non dell'ultima ora, che offre la sua intelligenza umoristica al servizio di un testo geometrico. La questione è interna al mondo degli attori di teatro e fa neanche tropo implicito riferimento alle storie di sesso e di attribuzione di ruoli in compagnia che interessarono i mattatori dell'epoca aurea dell'Accademia d'Arte Drammatica (Maricla Boggio è stata per tanti anni docente dell'Accademia romana). In scena, quattro individui legati dalla pratica ambivalente della recitazione e spinti da una comune aspirazione al successo inteso come dominio assoluto del pubblico: il Padre, il grande attore (lo stesso Prosperi: eccezionale interpretazione), la figlia, attrice acerba neo diplomata (Beatrice Massa), suo marito, l'attore giovane di sicuro talento (Stefano Dalla Costa) che va a lavorare nella compagnia della matura prima attrice (Gianna Paola Scaffidi) con cui intreccia, con la complicità del Padre della sposa, una relazione che tutto può può dirsi tranne che d'amore. Introdotta dalle note delle Nozze di Figaro, ogni scena ha il pregio di disporre lo spettatore in uno stato d'animo di parziale tranquillità, dove in quella parzialità passa tutta la differenza tra una commedia innocua e un'opera che pratica la leggerezza come arte del disarmo ideologico. Pur scegliendo un campo d'indagine di appartenenza territoriale (d'altro canto, gli autori consapevoli lo sanno: di che cosa bisogna scrivere se non di quello di cui si è fatto direttamente esperienza?), la pièce riesce a distillare, accanto al piacere della costruzione drammaturgica, un leggero malessere che ognuno si porta a casa. Perché Scena prima ha qualcosa da dire in merito le scene prime che possiamo immaginare all'opera ogni volta che il desiderio viene convertito, attraverso un'abile macchinazione, in organizzazione economica delle vite degli altri. (viato al Teatro Lo Spazio di Roma)

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