venerdì 26 agosto 2011

"Il sesso? Un incontro solitario di corpi". A proposito delle "confessioni" di Marrazzo: conversazione con Fabrizia Di Stefano


“Avevo bisogno di suonare a quella porta e che quella porta si aprisse” (dalle “confessioni” di Marrazzo). Facciamo finta che fuori da quella porta non ci sia nulla, solo un gigantesco spazio vuoto. Immaginiamo per un attimo che l’uomo che sta bussando non sia un politico in auto blu. Sforziamoci qui di perimetrare con lucine intermittenti - quelle lucine che piacciono tanto ai cineasti dell’inconscio come Lynch - la scena del “delitto” (sessuale/identitario/sociale). Teniamo fermo lo sguardo su quella “red room”. Stanza (rossa) che non si può dire, e che non viene detta, di cui sappiamo solo due cose: che è facile entrare e che la abitano creature dal comportamento accogliente. Facciamo finta che quella scena l’abbiamo vissuta in un sogno ad occhi aperti, nello stato d’intermittenza tra veglia e sonno. Che cosa ci sta dicendo, quale è la verità che ci sarà rivelata? Per avvicinarci a qualcosa che non sia pura chiacchiera o sentimento di indignazione, parliamo di questa “scena” e di tutto il teatro (immaginario/reale/simbolico) che fa apparire, con qualcuno che ha passato molto tempo a studiare il pensiero di Lacan vivendo sulla sua propria vita vari passaggi identitari, Fabrizia Di Stefano, transessuale sociologa autrice di un libro importante, Il corpo senza qualità, arcipelago Queer (Cronopio), capace di scandagliare con intelligenza i sintomi di quel nuovo mondo plurale che – con diversi gradi di consapevolezza - stiamo abitando tutti, uomini, donne, transessuali, eterosessuali, omosessuali, famiglie che si rifiutano di guardare la rovina e vanno avanti come bambole parlanti dalla molla rotta.

Cosa ci dice secondo lei la scena che Marrazzo ha descritto a Concita De Gregorio ("La Repubblica", 15 agosto)? E soprattutto, quale è la cosa che non dice?

E’ un po’ difficile essere un voyeur teorico. Certe cose o si vivono o si vedono. Altrimenti, fanno parte di una parte insondabile della sessualità difficilmente ratificabile da una ratio. A me sembra comunque che ciò che sfugge alla presa è l’altra scena che si apre quando quella porta si chiude e che ci parla dell’incontro solitario dei corpi.

Lei pensa che questa seconda scena si apra ad un vuoto?

Sì, è il vuoto della scena dell’incontro sessuale. Lacan lo diceva chiaramente: “Non c’è rapporto sessuale”. Questo vuol dire che nella sessualità non c’è rapporto, ma incontro. I due godimenti stanno l’uno di fronte all’altro, disinteressati e soli.

Ha fatto discutere anche il riferimento al “comportamento accogliente” delle transessuali, in grado di procurare “sollievo” al maschio.

Marrazzo ha certamente un’idea conservatrice del ruolo femminile. Devo dire però che i compagni di tante femministe di mia conoscenza non hanno una concezione molto diversa della donna. E, comunque, non siamo state noi transessuali a mettere la cura come centro dell’ordino simbolico. In un certo senso, un maschio eterosessuale di borgata e una femminista delle differenza dicono la stessa cosa.

Maria Luisa Agnese annotava (sul “Corriere della Sera”) l’insistenza sospetta con la quale l’ex governatore della Regione Lazio si rivolge ai maschi, al fine di ribadire la propria eterosessualità.

Io penso che questo tipo di comportamento non esprima in effetti un orientamento omosessuale. In genere gli uomini che interrompono una relazione con una transessuale ne iniziano un’altra con una donna, non con un uomo. Il fatto è che noi usiamo i termini omosessuale ed eterosessuale in maniera sbagliata, e ossessiva. Devo dire però una cosa sulla risposta di Agnese, che condivido in gran parte. Quando parla delle transessuali, di chi “ha fatto una difficile scelta di vita”, stenta a riconoscere (ed è una mancanza diffusa) che le transessuali fanno parte di questa società. Quello che mi turba è il non voler prendere atto che, a livello di femminilità, non ci sono solo le mogli, le compagne e le madri, ma anche le trans. Non è vero che sei vai con una trans sei un mostro.

Però la teoria lacaniana che considera omosessuale “chiunque (uomo o donna) ami un uomo” ed eterosessuale “chiunque (uomo o donna) ami una donna” non è entrata nel nostro immaginario.

Ogni volta che espongo questa teoria a qualcuno, vedo che il suo sguardo si illumina. Chi sono gli omosessuali? Sono i gay e le donne eterosessuali. Chi è eterosessuale? Le lesbiche e i maschi eterosessuali. Il fato è che Lacan formulò questa teoria nel suo testo più disgrafico, Lo scritto, letteralmente “Lo stordito”. Quando l’ho letto la prima volta, non ci ho capito niente, ma poi se vai avanti si aprono improvvise zone di luce, e tutto diventa chiaro.

Il fatto che questo tipo di incontro sessuale passi attraverso il denaro, non può essere insignificante.

Non lo è. L’atto del pagare crea proprio la sospensione del tempo e la possibilità di rimozione, garantendo l’ingresso immediato in quell’altra scena (reale e immaginaria) di cui parlavamo prima. Se è vero che la prostituzione può essere vista come strumento di emancipazione personale, è comunque un rapporto di dipendenza mercificato.


Nel suo libro, lei cita anche un’altra geniale intuizione di Lacan: “un piccolo peggioramento delle relazioni con l’altro sesso sarebbe l’attestazione migliore di un’analisi andata a segno”...

La sua biografa Elisabeth Roudinesco la riportò agli studenti come considerazione fatta da Lacan all’interno di una riunione interna dell’Ecole. Gli allievi rimasero sbalorditi. Ma pensiamoci un attimo. Un peggioramento nei rapporti con l’altro sesso attesta solo che il reale ha fatto finalmente irruzione nel rapporto.

Se questi sono i sintomi, cosa resta del sistema-famiglia e quale nuovo soggetto si va costruendo?

Probabilmente, l’ordine familiare non serve più al capitalismo globalizzato. Fino alla metà del ‘900, la famiglia è stata strumento di integrazione e assorbimento di conflitti. Poi la sua funzione si è andata lentamente sgretolando. Ma non solo la famiglia. Siamo tutti finiti su un barcone. I contatti con la terraferma sono stati tagliati. Anche se non siamo partiti dalla Libia, siamo tutti in procinto di naufragare. Il nuovo soggetto, anziché essere collocato all’interno di un ordine binario (non solo sessuale) è al tempo stesso plurale e singolare. In questo, c’è un elemento tragico, ma c’è anche una grande opportunità. Bisognerà cavarsela, insomma. Per far questo, non si può ripartire però da vecchie false certezze.

Perché la maggior parte di noi, pur avvertendo tutti i giorni forti scosse di terremoto, continua ad aggrapparsi alle grucce di vecchi sistemi sociali e identitari?

Per la stessa ragione per cui si rafforzano le chiese e le religioni. Io credo che alla gente non piaccia morire in solitudine. In realtà non si fa altro che morire da soli. Le chiese, l’ordine familiare (trasceso ma tuttora vigente), le relazioni “benedette”, ci danno l’illusione che nel momento in cui capiterà a noi, avremo qualcuno accanto.
(Pubblicato su "Gli Altri")

Nessun commento: