venerdì 3 giugno 2011

"L'origine del mondo" di Lucia Calamaro: trattato di fenomenologia dello spirito ammalato


Un trattato di fenomenologia dello spirito che, per troppa solitudine, si ammala. Un luminoso atto di resistenza poetica che non fa fare trattative alla parola né alla scena e le dispiega insieme, interamente, artisticamente. “L’origine del mondo”, primo studio di un’opera-mondo che Lucia Calamaro ha scritto sulla modulazione vocale e fisica di Daria Deflorian e Federica Santoro, ci sconvolge per la complessità del suo impianto. Dal punto di vista registico, è lo spettacolo più bello di Calamaro, per la capacità di accendere il palcoscenico di vicende umane e psicoanalitiche che vanno a depositarsi dentro gli scomparti di un frigorifero. Una madre e una figlia, di notte. Il bianco ne scolpisce le figure e i movimenti perturbati attorno all’asse di un frigo, correlativo oggettivo del nutrimento/svuotamento emozionale. Le loro prove di dialogo non sono addomesticabili sotto nessuna formula di genere: naturalismo, espressionismo, surrealismo.... Vendicative. Spietate. Piene di dolore, e di ironia. Trattate dall’autrice come fossero un’opera in continua trasformazione che anela alla perfetta forma che possa far trasmigrare il travaglio d’anima. Non bottiglia ma barattolo di Morandi, si sente Daria, comprensibilmente: perché la bottiglia “ha delle ambizioni” mentre il barattolo è più violentemente “gettato” in questa vita che fai fatica a trattenerla, quando l’euforia illusionistica ci lascia e il velo di Maja cade a terra con grande rumore. Cosa ci resta a quel punto da osservare? Detriti. Nature morte. Inadattabilità profonda al mestiere di vivere. Le scene quotidiane si metamorfizzano in sedute terapeutiche e trattati di storia dell’arte, mentre i referti della vita interiore si mettono a dormire accanto a disquisizioni sul funzionamento di un complesso psichico. Spaventose e comiche, le parole si inanellano in associazioni ferree. E’ come se Lucia Calamaro stesse tentando un esperimento scientifico: aprire la scatola cranica e far vedere cosa accade veramente in certe condizioni esistenziali. Torna l’anamnesi della relazione madre figlia, e i pensieri al lavoro mantengono la loro natura ultramondana. Ecco cos’ha questo spettacolo. Ci mostra il compito che tutti evadiamo: l’implacabilità dell’ascolto di certi fenomeni rocciosi, complessi, che vanno detti così. Così. Proprio così. Per esempio: “Se ogni persona che si avvicina a un’altra per motivi affettivi potesse ricevere una specie di biografia psicologica dell’altra, una cartellina di dieci pagine dovrebbe bastare, magari anche meno....sarebbe buono, per gli interessati al soggetto, allo stargli vicino, di seguire i suggerimenti ed evitare di ributtarlo in quelle dinamiche per altri frequentabili ma per lui insostenibili”. Si, così come le scrive Lucia Calamaro e così come le dice Daria Deflorian, che mai come in questo lavoro arriva a mostrare con una grazia intellettuale tutta sua la profondità del lavoro d’attrice che scrive i suoni e le immagini in presenza, accendendo insieme i pulsanti del freddo e del caldo. Federica Santoro è figlia e psicoanalista, e disarma nella sua richiesta d’aiuto.
(“L’origine del mondo”, replica il 1 e 2 luglio a Castiglioncello, per poi arrivare a Santarcangelo il 15 16 e 17 luglio).

(Pubblicato su "Gli Altri", rubrica "La testimone")

2 commenti:

Leo ha detto...

stupendo.

Ed è bello (ma mai consolatorio- si spera-) che a non rappresentare il rappresentabile coinvolgimento emotivo lineare , ma la dura roccia dell'invernale abisso, ci sia ancora carne fresca.
Proprio come un nettalingua.

Avanti allora.

Unknown ha detto...

Troppo lungo come spettacolo. Il titolo "l'origine del mondo" inganna : dal caos al cosmo ,dicevano gli antichi . Ogni giornol' uomo cerca di uscire dal caos per ricostruire il mondo . Purtroppo con questo spettacolo un po' schizzofrenico ricadiamo nella solia genesi del caos individuale.Parole, parole sul vuoto e nel vuoto .Bravissime le attrici ad affrontare un cosi,gran fatica .Scenografia un po'banale re pessime luci .Come sempre ci si chiede chi giudica questi sprttacolo un po' "malati " e con che criterio criterio si diano i premi. Elisabetta