sabato 28 maggio 2011

Ecco la mossa del cavallo: contaminazione, anomalia eccentricità...Diagnosi del voto. A colloquio con Fausto Bertinotti


Contaminazione. Eccentricità. Anomalia. Azzardo dell’immaginario. Non sono le linee artistiche della Biennale Arte di Venezia (che, al contrario, versa nel più totale immobilismo, offrendo lo scenario desolante di un equilibrismo tattico), ma le parole chiave di Fausto Bertinotti, chiamato a diagnosticare i sintomi di salute e malattia del corpo-Italia. Quello che l’arte non può più, assediata da un male oscuro che divora i suoi centri di potere, tenta paradossalmente la politica, ipotizzando uno strano interessante incrocio tra quello che è stato (molto tempo fa) e quello che potrebbe essere, in forme inusuali. Un’ampia alleanza di sinistra è chiamata a raccogliere ed elaborare in modo rivoltoso le parole che la gente si dice una volta che è salita su questo “tram chiamato desiderio”, con il quale ha attraversato alcuni centri nevralgici del paese, colmando in poche ore il deserto di realtà che ci aveva portato a stare per troppo tempo cupi e a testa bassa.
I segnali sono sismici. Elettrizzanti. Se solo ci fosse un’intera, plurale area disposta a dismettere la vecchia giacca del funzionario di partito per fare un lavoro in grande. Lo diceva Shakespeare: “Essere pronti è tutto”. Ma non basta dirlo. Bisogna farlo, poi. E per farlo, è necessario capire bene cosa va infilato nella borsa degli attrezzi e quale strada prendere, una volta che, a Milano, a Napoli, a Cagliari, a Bologna e a Torino siamo usciti di nuovo per strada per dire si (già, proprio per dire sì, e non un altro estenuante no).


Nel giro di pochi giorni è cambiato il nostro vocabolario e il sangue è tornato a scorrere nelle vene. Bertinotti, secondo lei cosa ci dice il voto amministrativo del 15 maggio e cosa dobbiamo aspettarci, a poche ore dai ballottaggi?

Per fortuna, la politica è oltre il prevedibile, e anzi quello che le sarebbe richiesto è proprio di fare i conti con l’imprevisto. Ecco, bisognerà vedere se sapremo farci i conti. E’ chiaro che l’imprevisto, in questo momento preciso, porta con sé il vento di una propulsione al mutamento.

Un vento che viene dal Nord?

In realtà è un vento del Sud. O meglio. E’ un vento del Nord, ma non del Nord Europa, semmai del Nord Africa.

Vaglielo a spiegare ai milanesi che quella che stanno azionando è una macchina del vento africana....

Non sarà difficile da spiegare a nessuno quello che è accaduto: esplode una generazione con forti motivazioni politico-sociali (disoccupazione, precariato, povertà, frantumazione dei lavori), ma inedite, non del tutto analizzabili in chiave economicistica. Le rivolte in Africa, l’occupazione di Plaza del Sol a Madrid, il voto dei giovani a Milano, esprimovono un nuovo flusso di energia e di proposta immaginativa che muovono dall’indignazione ma vanno oltre.

Il senso di de-realizzazione è stato forte in questi ultimi anni, inquinando ogni possibilità di azione. Anche a sinistra ci siamo limitati a dire debolmente qualcosa “contro”, ma in maniera “mortale”, senza sentirci veramente chiamati in causa. Per caso, siamo di nuovo vivi?

Se guardiamo con questi nuovi occhi quello che è accaduto ultimamente in Italia, allora ci spieghiamo certi fenomeni che sembravano parcellizzati: gli operai sui tralicci, la lotta per la difesa di un bene comune come l’acqua, la discesa in campo durante lo sciopero generale dei lavoratori del commercio....Abbiamo ripreso a rivoltarci, a far sentire la necessità della vita.


E’ meglio usare una certa cautela prima di esprimersi sul risultato finale ma indubbiamente il 48 per cento di Pisapia delinea la possibilità di uno spostamento sismico, dopo tanti anni. I toni accesi e scorretti dell’avversaria Letizia Moratti (che poi ha fatto anche un mea culpa) hanno sicuramente influenzato ma non è l’unico dato....

Si registra un generale spiazzamento della politica tradizionale, in termini di energia e di consenso. Si potrebbe chiamare “la mossa del cavallo”. Dire che la dialettica tradizionale tra i partiti è in crisi, è insufficiente. Sono diventati dei corpi separati dalla società, al punto che la società ha accumulato un astio nei loro confronti. Allora la mossa del cavallo sta nell’uscire da quel perimetro di una politica tradizionale che si è andata progressivamente sclerotizzando e separando. In linea di massima, le candidature eccentriche, o anomale (per usare un’espressione di Ritanna Armeni), hanno trovato consenso. Proprio lo stare fuori da questo centro (non solo il centro in senso stretto, ma il centro delle relazioni tra i partiti) determina quello che Gramsci chiamava la connessione sentimentale con il popolo. Con il voto di Milano, non solo è naufragato il tentativo orribile della Moratti di sporcare l’immagine del suo avversario, ma è stato messo in scacco il tradizionale gioco tra i partiti.

Il “mostro” di cui parliamo però è duro a sparire così, bisognerà lottare strenuamente per estirparlo. Si camuffa benissimo e può anche avere un aspetto loquace e seduttivo...

Questo è vero. Ho sentito, per esempio, in questi giorni, vecchi esponenti del Pd commentare il voto usando schemi dialettici di vecchio stampo. Noi ci aspettiamo che non vinca il vecchio ragionamento che imporrebbe di cooptare alle proprie logiche e alle proprie strutture coloro che hanno vinto, ma ci auguriamo che avvenga esattamente il contrario. Oggi chi sta fuori è vincente.

Finché sta tra fuori e dentro, sulla soglia, finché è nel movimento verso...Ma poi? Diceva Doris Lessing: “Il coro dei morti, i pensieri secchi, non esisterebbero d’altro canto senza germogli di vita fresca che a loro volta si trasformano in poco tempo in piante morte e senza linfa”...

Sì, certo, è possibile che l’esercito torni ad avere un ruolo preminente in Nord Africa, può essere che la rivolta a Madrid finisca nel nulla, può darsi che in Italia il vento smetta presto di soffiare, ma sarebbe una crisi irreparabile per la democrazia.

Cosa dovrebbe fare il Pd? Cosa ci aspettiamo che faccia e cosa gli proponiamo?

Io continuo a pensare che la soluzione sia di fare entrare il principio di contaminazione nel mondo centralizzato della politica. Chi può fare politica oggi? Non più chi è più forte quantitativamente nello schieramento politico (anche perché ormai non possiamo ignorare il fatto che c’è una crisi di consenso). Queste elezioni ci indicano un ribaltamento del ruolo dei partiti. Prima il partito rappresentava l’alfa e l’omega della vita politica italiana. Ma non è più così. Cosa è successo a Milano? Tutti i partiti, compreso il Pd, hanno fatto una scelta intelligente. Dopo le primarie, hanno accettato di portare avanti un candidato che piacesse ai milanesi. Attraverso questo detonatore chiamato Giuliano Pisapia, i partiti hanno accettato di essere contaminati.

Questa idea di contaminazione è quindi l’orizzonte politico nazionale?

Bisogna pensare ad un’operazione costituente che costruisca un nuovo grande soggetto politico che trovi il suo approdo nel socialismo europeo.

Beh, restando a casa nostra, la forma di questo disegno non è stata nemmeno degnata di uno sguardo quando si è trattato di pronunciarsi sulla candidatura napoletana. L’accordo è stato trovato a Milano, ma non a Napoli. Sel ha fatto un autogol non appoggiando De Magistris. Questo per dire che la lezione ancora va imparata, metabolizzata e accettata da tutti.


Sì, la dimostrazione al contrario di quello che stiamo dicendo è il caso di Napoli. Appoggiare un candidato perbene in questo momento storico è irrilevante. Slo per il fatto di essere espressione di un partito, condanna Morcone all’irrilevanza. La forza di De Magistris sta nel fatto di essere praticamente auto-candidato, di aver innescato un processo nuovo. Su questo, Sel ha fatto autocritica, se la facesse anche il Pd non sarebbe male. Questi candidati vincono perché sono eccentrici, non perché sono a sinistra. L’elemeno caratterizzante è l’anomalia. E non dimentichiamo Cagliari, il successo di Zedda è una meraviglia.

Non possiamo guardare però solo una parte del disegno. Bologna a Merola e Torino a Fassino sono scelte per noi importanti ma di conservazione. In quel caso, non possiamo parlare certo di candidati eccentrici o anomali....

Ieri questi risultati rappresentavano l’Italia tutta, oggi sono dei casi. In questo caso, prevale la tradizione della politica italiana. Più a Torino che a Bologna. A Torino, fondamentalmente, è stata premiata un’amministrazione che negli ultimi anni è stata la migliore d’Italia.

Crede che il partito del berlusconismo sia destinato a naufragare assieme alla sua ombra infernale, il partito dell’antiberlusconismo?

Il leader che ha caratterizzato di sé i due luoghi della politica (berlusconismo e antiberlusconismo) ha perso. Ha perso proprio lui.

Ma se ha vissuto accanto a noi tutti questi anni, vuol dire che sta beatamente anche dentro di noi. Forse ci vorrebbe un esorcismo per estirparlo del tutto. La psicoanalisi potrebbe rivelarsi insufficiente.

Il berlusconismo è un fenomeno complesso di penetrazione della società, di forme di cultura, e per ritirarsi ha bisogno di un’alternativa di società. Come il berlusconismo, anche l’antiberlusconismo si è rivelato una forma di società. Sostituendo il tema dell’uguaglianza e della giustizia con il giustizialismo, la sinistra ha sviluppato solo una forma di rancore nei confronti del potere. Un deficit di alternativa: questo è il tassello debole.


Se Berlusconi, come scrive Massimo Recalcati, è “l’uomo senza inconscio”, viene il sospetto che anche la sua coalizione, a forza di starci vicino, se l’è perso. Basti vedere il disagio che si prova a parlare di possibile sconfitta. In compenso, noi a sinistra di psiche ne abbiamo pure troppa, e viviamo di paure e proiezioni.


La destra ha involgarito e rovesciato la tradizionale “doppiezza” della politica alta della sinistra. Questa doppiezza, che consisteva nel tentativo (se vuoi, aristocratico) di stabilire un rapporto non meccanico tra il mezzo e il fine, ha dato luogo ad un senso di sé altissimo per cui esistono i sapienti e gli ignoranti. Ora, cosa fa invece la destra? Trasforma questa doppiezza in un totale separazione. Il rapporto tra quello che dice e quello che fa è totalmente scisso. La cosa che viene detta non viene sottoposta alla verifica, non dico della realtà, ma neanche della verosimiglianza. Si sono sbarazzati del reale. Dicono che hanno vinto. La verifica della realtà sta nel fatto che esistono, che sono lì. E finché esistono, sono produttori di mondo. Perché il mondo reale possa riaffermarsi, è necessaria la caduta. E’ sempre stato così. Adesso è il loro momento di caduta e di verifica della realtà. Il blocco sociale della destra si sta vistosamente incrinando. Tutto si gioca adesso sui due piani, il simbolico e il materiale. Quello intermedio (rappresentato dalla politica) si sta offuscando. Pensiamo a quello che è successo in Tunisia, alla rivolta del pane.

Rispetto alla Tunisia, noi però abbiamo un problema in più. In un pezzo d’Occidente, il pane non è il pane (un po’ come diceva Magritte: “questa mela non è una mela”), cioè la rappresentazione della realtà - nelle società dei simulacri - ha preso il posto della realtà, al punto che non ci si accorge più dei propri stessi bisogni: basta immaginarsi che tutto è a posto, basta vivere una vita per delega.

Questo è parzialmente vero. Non vedo estinto il terreno sociale, il corpo sociale è ancora lì. Il Nord Africa, la Grecia, la Francia, sono stati il terreno di rivolte “carsiche”. In quanto rivolte, non sono rivoluzioni. O si dà uno scossone al sistema, o tutto rifluisce. Però non sottovaluterei il contributo delle nuove generazioni. I giovani non sono orientati tutti verso una ideologia individualistica-mercantile. Sentono i bisogni e i desideri diversamente. Questo non risolve la partita. Gli elementi di inquietudine sono tantissimi. ma la reazione è forte. Le classi dirigenti conducono un attacco spietato alla scuola, ai diritti del lavoro, e questo scatena la rivolta. Naturalmente la cosa essenziale è passare dalla rivolta alla contrattazione, al negoziato. Questo è il compito della mediazione politica. La politica è anche negoziazione. Perché oggi non c’è negoziato? Perché è morta la politica.

Non crede che Vendola sia isolato?

No, Nichi non è solo. Adesso c’è anche Pisapia. Il processo che hanno innescato Nichi Vendola in Puglia, Pisapia a Milano, e Michele Zedda a Cagliari, e, in forme diverse, De Magistris a Napoli, indicano un ribaltamento. Il processo è territoriale. Le due polarizzazioni per una rinascita della sinistra sono il territorio e l’Europa, lo spazio grande e lo spazio piccolo. Pisapia ha detto una cosa importantissima dichiarando che il suo modello è Greppi: ha nominato le radici di un processo. Il socialismo municipale esprime una precisa idea di civiltà.

Quindi ci auguriamo che da giugno si lavorerà tutti come pazzi in diverse case: di Sel, Pd, Idv e Radicali....

Non c’è un solo Big bang, ma tanti Big Bang. E da lì può emergere una nuova sinistra: plurale, libertaria, autonoma. Questo significa anche l’assedio al Pd. La detonazione è avvenuta, il passo successivo è un assedio democratico per la costruzione di un partito unico a sinistra.


(Pubblicato su Gli Altri)

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