venerdì 29 aprile 2011

1 Maggio, per il Corriere il cittadino-consumatore ha preso il posto del cittadino-lavoratore


Il primo maggio non è più la giornata dei lavoratori. È la giornata dei consumatori. L’intervento di Antonio Polito sul Corriere della Sera del 27 aprile, sembra sancire questo passaggio in una forma che, nella sua totale assenza di drammaticità, suona come una ratificazione altolocata e complice dell’esistente. Dietro la proposta di Susanna Camusso di tenere chiusi i negozi il 1° maggio, l’editorialista legge una posizione di retroguardia, una miopia vetero-marxista, un vizio prospettico, tipico di chi ha frequentato la solita scuoletta di sinistra, infarcendosi di dogmi e pensieri fuori dal mondo. Almeno fuori da “questo” mondo. Un mondo che, piuttosto, bisogna accettare così com’è. Perché, scrive Polito, «nelle società post-industriali, è proprio il cittadino-consumatore il vero dominus dell’economia, del costume, delle mode e anche della politica. È lui che, comprando e investendo nei momenti di fiducia e ottimismo, genera la crescita… È lui a decidere che, d’improvviso, le infradito diventino la scarpa più cool d’estate o che d’inverno sia di rigore il total black».

Se leggessimo queste frasi fuori contesto, avremmo tutto il diritto di pensare che appartengano alle pagine di un romanziere o un saggista italiano che scruta la nostra società e ne mette in luce i nervi più esposti, denunciando l’assimilazione del cittadino al consumatore. Ma questa nostra visione è, ovviamente, retrograda e vetero-marxista. Come è antiquata l’attesa che il nostro Presidente del Consiglio si comporti da statista e politico, e non da spregiudicato affarista.

«Se si considera Berlusconi – continua Polito – come un fenomeno politico (e non lo si esorcizza pretendendo che sia solo un fenomeno mediatico o affaristico), è difficile non vedere che il suo messaggio è totalmente orientato al cittadino-consumatore. Non solo per il marketing, cioè per il modo di vendere il prodotto, di cui Berlusconi è per mestiere maestro; ma anche per il prodotto in sé che offre, e che consiste in una promessa di prosperità, di potere di acquisto, e dunque di libertà».

Anche qui è difficile prendere il messaggio alla lettera, non cadere nella tentazione di immaginare che sia un punto di vista letterario, o satirico. Invece il discorso assunto dal Corriere della sera nega qualunque elemento di conflittualità rispetto alla materia stessa. Lo assume seriamente, e irrevocabilmente. Il lavoratore è un consumatore, in quanto tale fa progredire la civiltà. Qui non è in gioco un conflitto di posizioni, un dibattito anche acceso sulle trasformazioni della società e sui modi di produzione e di consumo, né sull’idea di lavoro nel terzo millennio. Qui si assiste alla ratifica quasi burocratica della “intoccabilità” del consumatore, il cui diritto di fare shopping non può essere ostacolato da una sindacalista “rossa” che ha in mente un’idea del lavoro produttivo destinato a sparire da “questo” mondo.

L’aspirazione a lottare per un mondo diverso è naturalmente roba dell’“altro” mondo o del “vecchio” mondo, di cui in un giorno qualsiasi di aprile 2011, senza preavviso e senza enfasi, si celebra il funerale. Sicuri che nessuno protesterà. Tanto in “questo” mondo un’idea vale l’altra. (Neanche Orwell sarebbe arrivato a tanto).
/Pubblicato su "Gli Altri on line"

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