venerdì 20 agosto 2010

Chiara Moroni, tutto in nome del padre


Ha un fisico esile, delicato. Veste di nero, e al collo porta una collana semplice con su scritto il suo nome: Chiara. Chiara Moroni ha soli trentasei anni e da dieci fa politica. Figlia di Sergio, il parlamentare socialista morto suicida nel 1992 in seguito alle inchieste di Mani Pulite, autore di una drammatica lettera testamento indirizzata all’allora presidente della Camera Giorgio Napolitano. Chiara ha voluto presto tutelare la memoria del padre lavorando dentro le fila del Pdl. Lo sguardo della giovane deputata è acceso, la parlata velocissima, come il flusso dei pensieri che l’anticipa. La parola che ripete più spesso è “testa”. Le interessa il lavoro della testa. Specialmente quando serve a controllare il corpo. Tra gli innumerevoli sport che pratica, predilige la maratona proprio perché delle due cose è la perfetta combinazione: “Dopo trentacinque chilometri, il corpo ti ha già abbandonato. Arrivi alla fine solo con la testa”. Di presenza, è molto più bella che in foto. Sarà perchè ultimamente i fotografi l’hanno colta sempre arrabbiata, pensosa, preoccupata. Le immagini pubblicate sui giornali raccontano il travaglio che ha preceduto il suo discorso alla Camera, un discorso coerente e doloroso con il quale ha ricordato suo padre Sergio e, per protesta sull’affaire Calendo, ha salutato Silvio Berlusconi, per andarsene con Fini a costruire Futuro e Libertà: “Non posso tollerare che la battaglia garantista venga confusa con la giustificazione. Non posso tollerare, altrettanto, alcun giustizialismo...La mia è una storia profondamente garantista, Negli anni di Tangentopoli, mio padre ritenne di doversi togliere la vita...”

Chiara, quanto le è costato quel discorso, l’addio al Pdl?

E’ nato da un sentimento che è venuto a maturazione progressivamente ma ha trovato un’occasione specifica per esprimersi. In realtà il mio discorso era più ampio rispetto al fatto specifico.

Perché, secondo lei, non si può in nessun modo parlare di giustizialismo in riferimento alle vicende umane e giudiziarie che riguardano il sottosegretario Caliendo?

Il sottosegretario Caliendo è perfettamente tutelato dalla garanzie democratiche che invece non ebbe mio padre nel ’92. Per questo ho deciso di non partecipare al voto. Quando mio padre sentì di dover fare quel gesto estremo per poter gridare la propria innocenza (ndr. aveva ricevuto due avvisi di garanzia per tangenti sull’ospedale di Lecco), c’era un’emergenza garantista: una piazza forcaiola, una classe politica ostaggio della piazza...Oggi non è così. Nel caso di Caliendo, non è una questione di garantismo o giustizialismo, è un problema di opportunità politica, è una questione etica e di responsabilità personale e pubblica.

2 settembre 1992. Lei dove era quel giorno in cui suo padre si chiuse in casa e si sparò un colpo di fucile?

Ero con mia madre nella casa al lago. Mio padre aveva tentato più volte di togliersi la vita. Eravamo molto preoccupate e lo seguivamo dappertutto. Quel giorno ci imbrogliò dicendoci che doveva andare dall’avvocato. Sparì per un giorno intero. Fu la mia tata storica a scoprire il corpo: si era chiuso nella cantina della nostra casa di Brescia e si era sparato con il fucile un colpo in bocca.

Lei lo vide?

Nè io né mia madre. Ce lo impedirono. Io avevo solo 17 anni.

Chi era suo padre?

Mio padre...Mio padre era una persona in cui l’uomo e il politico coincidevano perfettamente. Aveva cominciato a fare politica a sedici anni. Era un uomo di vasta cultura, di belle letture che mi ha trasmesso. Anch’io sono una lettrice famelica.

Quali autori le ha fatto amare?

Hemingway, Proust, Lenin, Pasolini., Miller, Verga....Il capitale di Marx e Le lettere dal carcere di Gramsci.

Parlavate molto?

Quando è morto, avevamo appena cominciato a costruire il nostro rapporto. Però sì, parlavamo molto, specialmente a cena. Da piccola, avevo un rapporto molto stretto con mia madre, da adolescente mi sono avvicinata a mio padre. Lo ammiravo. Mi sono iscritta presto alla Federazione Giovanile Socialista. Mi ha passato sicuramente la passione per la politica concepita come mediazione dei conflitti sociali. Mio padre aveva un’idea altamente morale della politica, come si capisce dal testo della lettera che aveva indirizzato a Napolitano.

Riconosceva però anche la propria responsabilità nell’aver accettato il gioco della politica.

Si, mentre denunciava l’ondata giustizialista, il clima da pogrom, ammetteva la propria colpa nell’aver accettato il sistema, cioè nell’aver fatto un compromesso di troppo rispetto alla propria coscienza, alla propria integrità morale.

La portava spesso con sé?

Si ero una bambina quando mi portava alla Camera. Percepivo allora un rispetto del luogo e dell’Istituzione molto diverso da oggi.

Non ha mai provato un sentimento di rabbia nei confronti di suo padre? Il suicidio sarà anche un atto politico, ma è anche un gesto terribile nei confronti di chi resta, delle persone che ti amano.

Si, a tratti provo rabbia. Per mio padre era insopportabile l’idea di essere accomunato nella generica definizione di ladro. Quelle accuse avevano creato una frattura profonda nel sistema della sua identità. Questa è la vicenda intellettuale, che io ho compreso. Poi c’è la vicenda intima, e su quella sono ancora molto arrabbiata. Il suo gesto tragico ha cambiato tutta la nostra vita, ed è stato molto difficile, per me e per mia madre.

Cosa fa oggi sua madre?

Ha una farmacia a Brescia. E’ una donna sportiva ed energica. Siamo profondamente legate.

Della sua vicenda, mi ha sempre colpito una cosa: il fatto che invece di chiudersi in un muto e orgoglioso riserbo, chiudendo le porte al mondo e trincerandosi nel suo dramma privato, lei ha pensato di fare politica. E’ un gesto paradossale. Non egoistico.

Mi fa piacere che lei dica una cosa del genere, perché in alcuni casi sono stata accusata di approfittare della mia tragedia personale per inventarmi un mestiere. In realtà, la tentazione di chiudermi assieme a mia madre nel dramma privato, c’è stata., almeno all’inizio, ma poi ho capito che il gesto di mio padre non era privato ma pubblico. E’ l’ultimo gesto politico della sua vita da socialista. In questo senso, sperava nel valore esemplare del suo suicidio: al fine di potere evitare agli altri quella sofferenza che aveva patito durante tutti quei mesi. Per questo ho deciso di scendere in politica: per mantenere vivo il valore morale e pubblico del suo atto.

Lei che è così attenta alla questione morale, non ha mai avuto nessun momento di imbarazzo tutte le volte che il presidente del Consiglio, capo del suo partito, è stato al centro di pesanti vicende giudiziarie?

Io ho un profondo sentimento di gratitudine nei confronti di Silvio Berlusconi. Ho un rapporto personale con lui e credo di conoscere il suo animo. Ognuno di noi può fare degli errori ma credo nella bontà dell’uomo. Sono anche convinta che in questo Paese ci sia stata stato un uso politico della giustizia contro Berlusconi.. Comunque, le vicende che lo riguardano sono altra cosa rispetto alla stima che ne ho.

Quindi verso di lei Berlusconi ha avuto un atteggiamento paterno.

Assolutamente sì. Ha sempre avuto un atteggiamento protettivo. Anche in questi ultimi giorni in cui ho dovuto comunicargli il mio dissenso e il mio disagio rispetto al progetto politico del momento, lui si è mostrato comprensivo. Dentro Forza Italia mi sono sempre sentita libera di esprimere le mie posizioni. Ma il Pdl di oggi non somiglia più a quello che era Forza Italia. Comunque continuo a pensare che Berlusconi sia un uomo libero e liberale.

Come donna, non ha mai sofferto delle sue esternazioni maschiliste e degli estenuanti riferimenti alla sessualità (la battuta su Bocchino è solo l’ultimo esempio)?

Perché, che cosa ha detto?

Ha detto che si era molto dispiaciuto quando ha saputo che Bocchino corrispondeva al nome di un deputato e non ad un punto del programma politico.

Fa parte di quello è l’uomo. Bisogna anche dire che la gente lo vuole proprio così, proprio per queste cose che dice. Ma in realtà è un uomo geniale.

Cosa si aspetta da Fini e da Futuro e Libertà?

E’ un progetto innovativo nel quale mi piacerà lavorare. Fra l’altro parte da un uomo politico come Fini che ha avuto il coraggio di creare una forte discontinuità nei confronti del proprio passato.

Le donne che ha incontrato in politica agiscono e pensano diversamente dagli uomini?

Ho notato un maggior rigore, un forte senso del dovere e della partecipazione. In genere, siamo più preparate degli uomini, forse perché abbiamo dovuto sempre lottare per farci notare. E siamo più allenate a tenere vivi i rapporti con il mondo esterno.

Che sentimenti prova nei confronti di Antonio Di Pietro?

Le sue posizioni, prima come magistrato, ora come politico, sono sideralmente lontane dalle mie. Per me rappresenta il peggio del populismo. Non provo però un sentimento di rancore per quello che è accaduto a mio padre.

Se in uno scenario fantapolitico, un giorno lei dovesse trovarsi nella stessa coalizione che accoglie anche l’Italia dei Valori, come si comporterebbe?

Mi sembra improbabile.

Ma non impossibile.

Già, la politica è sempre così in continua evoluzione che è difficile fare delle previsioni...Anche Bobo Craxi ad un certo punto si è trovato in una colazione di cui faceva parte l’Idv..,I giochi della politica a volta ti portano a fare dei compromessi. Detto questo, cercherò sempre di stare da un’altra parte.

Cosa fa, quando non lavora come parlamentare?

Leggo, cucino, faccio sport. Amo lo sci e la barca a vela. Sono iper-cinetica. Adesso mi sto appassionando alla maratona. Mi piace perché ha un aspetto di testa rilevante. E’ una continua sfida contro se stessi.

Lei ha una laurea in farmacia....

Si, avevo anche cominciato a lavorare nella farmacia di mia madre, ma mi sono dedicata presto alla politica. Quello che mi manca di più è il lavoro di laboratorio all’Università. Io sono proprio un tipo da laboratorio.

E’ un’attitudine che ha portato anche in politica?

Penso di sì. Io non so se mi manca il laboratorio in sé oppure se lo ricordo con nostalgia perché semplicemente mi somigliava, mi restituiva il mio alto senso di precisione... Io sono ordinata a livelli psicopatici: i maglioni nell’armadio sono sistemati a seconda della gradazione di colore.

Segno zodiacale?

Bilancia.

Quando deve prendere una decisione importate oppure si sente in grave difficoltà, cosa fa: si chiude in se stessa, chiama sua madre, si mette a correre, cucina?

Un po’ tutte queste cose insieme. Lo sport è un grande sfogo. Anche la cucina però. C’è stato un giorno in cui ero particolarmente provata, ero alla Camera e sentivo che sarei uscita dalla situazione solo facendo qualcosa di manuale. Allora sono andata a casa a preparare una sacher torta. Non mi bastava cucinare: dovevo fare una cosa complicata, che mi impegnasse fisicamente ma che richiedesse anche una grande dose di concentrazione e attenzione. Poi ho un’amica, Laura, che è più di una sorella. A lei dico tutto, più che a me stessa. Gli uomini passano, lei resta.

E’ stata sposata...

Sì, e ho anche divorziato subito. Ho fatto tutto in fretta.

Ha amici nel mondo della politica?

Bobo Craxi. Non siamo sempre d’accordo sulla politica, ovviamente, ma ci lega una vera amicizia.

Giornalisti e testate di riferimento?

Le dirò un solo nome, che per me è sopra tutti: Massimo Bordin. Quando ho saputo che si era dimesso da direttore di Radio Radicale e che c’era il rischio che lasciasse la rassegna stampa, ero sconvolta. Per fortuna ho visto che continua a farla. I commenti di Bordin sono meravigliosi. E devo dire che anche le liti in diretta con Pannella lo erano. Mi augurano che in futuro ne facciano altre.

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