domenica 7 febbraio 2010
Perché Vendola sposterà l'immaginario
Questa è la radiografia del mondo che verrà: non un esercizio di fantapolitica, ma l’anatomia di una società futura costruita mettendo insieme i pezzi che già abbiamo in un ordine diverso e più alto. Per disegnarlo, dobbiamo fare un piccolo passo indietro - fast forward rewind - e interrogare un fermo immagine. E’ il 24 gennaio 2010. Vendola ha trionfato in Puglia, le telecamere sono tutte su di lui. E che fa Nichi? Fa proclami vittoriosi? Passa sul cadavere del nemico? Urla, tronfio: “Ve lo dicevo io che questo Boccia era un bamboccione!”? No.
E allora che fa, che dice Nicki in questo momento che potrebbe rappresentare il preludio di un cambiamento storico per il paese? Piange. Si, si commuove. Non è passato tanto tempo dal massacro. Prima la calunnia, l’attentato alla sua credibilità, poi il tentativo di farlo fuori dal gioco che conta. Lui è consapevole di costituire un’anomalia. Lo dice e lo ripete. Anche Pasolini sapeva di simboleggiare un’anomalia, ma poi, aggiungeva, il segreto, è tutto lì: nel saperla abitare questa propria dannata anomalia (non siamo in fondo tutti pezzi unici?). Nichi dimostra di saperlo fare. E, da uomo, si commuove, e da uomo dice: ““Ho avuto grandi dolori, privati e pubblici. E’ stata una grande fatica. …però devo dire che nella vita pubblica l’affetto della gente ripaga di tante amarezze e di tanta solitudine”. Sì’, questo è un uomo. E da uomo sta lottando per costruire il mondo che verrà.
Cos’ha Nicki Vendola dalla sua parte che mancava a tutti gli altri leader del centro sinistra? Perché ci fa così sperare che diventi il nostro Obama? E’ semplice. Sa smuovere gli archetipi, conosce la precarietà e la solitudine e proprio per questo riesce e occuparsi della precarietà e della solitudine. Dalla propria ferita potrebbe far nascere un sogno collettivo.
Ad ogni sua apparizione, Barack Obama evocava la sofferenza dei neri, la segregazione razziale, il sound del blues, in una veste nuova, moderna, liberale. Il presidente degli Stati Uniti ha scosso le fondamenta di una civiltà, con le sue frasi chiare, emotive, con la fiducia incrollabile in quel tipo di cambiamento che affonda le radici nel dolore.
Nichi, che della propria “diversità” ha fatto uno strumento di catarsi collettiva, agita ugualmente memorie del sottosuolo, volgendole in chiaro.
Quali sono le sue parole ricorrenti? Intanto, ci sono le parole “contro”, le cose che combatte: “casta”, “lobby”, “tecnica”, “diluvio”. E ci sono le parole belle, le cose che cerca: “grandi narrazioni”, “speranza”, “rabbia”, “tribù”, “rete”, “popolo”, “bene pubblico”, “responsabilità”, “acqua”…Non solo le singole parole, ma il discorso in genere è articolato e capace di metafora, senza risultare mai incomprensibile.
Vendola pensa in grande e parla alto. Per insultarlo, lo chiamano “il poeta”. Ma se fosse un poeta potrebbe fare la fine di Caligola che per troppo amore arriva a praticare l’omicidio e a cercare la propria stessa morte. No, Vendola non vuole la luna né è affascinato dal suicidio, assomiglia a Carmelo Bene (che non a caso aveva debuttato proprio con Caligola di Camus), per contiguità regionale, linguistica, per spregiudicatezza, per capacità di visione, ma non è Carmelo Bene. Nichi è un uomo che parla da poeta e agisce da politico. Per lui, c’è una bella differenza tra il vivere e il morire, la morte non gli interessa più di tanto, neanche letterariamente (“non si può chiedere a nessuno il suicidio come forma di protagonismo politico”), e sa che vivere non significa sopravvivere, ovvero sguazzare nelle maglie molli dell’esistente, ma assolutamente drammaticamente disperatamente vivere aspirando ad una giustizia sociale. Su questo piano si misura non solo il grande scarto d’immaginario con la destra, ma anche la nostra più concreta possibilità di vittoria. Perché non c’è vittoria senza vigoroso investimento d’immaginario.
Fast forward rewind. Arriva in Italia Videocracy, il documentario di Erik Gandini, un noir più che un documentario - quella sì che sembra fantapolitica-, con il suo nauseante traffico di corpi femminili, magnaccia, soldi, tv spazzatura diventate tv di regime, ragazzi che vendono l’anima al diavolo, e una trovata narrativa geniale: Fabrizio Corona descritto come il doppio di Berlusconi, Falstaff che fa da specchio deformato a Napoleone, perché alla fine il truffatore shakespeariano incarna l’anima più vera dell’uomo che si crede Napoleone. Eccola, l’Italia che ha vinto, l’idea assisa sul trono, che spaccia il mercimonio per amore e la magia nera per benessere.
Per combattere questo modello, non basta dire: “mi fa schifo”. Specialmente non basta dirlo dagli spalti arroganti e complici di quella politica di partito annebbiata nelle gerarchie paramilitari e nelle formule avvizzite del discorso. Per sperare veramente in un ribaltamento, occorre avere un sogno, e per avere un sogno occorre sintonizzarsi con un’altra Italia, quella che sommessamente e con dolore ma anche con gioia chiede di uscire di nuovo allo scoperto. Solo un uomo come Vendola, uno che non parla propagandisticamente di vittoria, uno che non mangia i resti del nemico e non agita i fantasmi della vergogna e della colpa, uno che conosce anche il peso (e il valore) della sconfitta, può farsi carico di questa nostra tensione progressiva e tessere con pazienza i fili di una reale utopia.
La costruzione della società della Videocracy è stata lenta e inesorabile, si è nutrita non solo di carcasse umane ma anche di battesimi autorevoli a cui in molti hanno partecipato. Ma il banchetto del gran circo sembra arrivato al collasso. Di fronte a quelle immagini, molti si cominciano a chiedere “Se questo è un uomo”…
C’è però adesso un film diverso, un sogno diverso e antico, ancora in parte da scrivere, ha molti sceneggiatori e un protagonista, uno che ha capito la cosa più importante di tutte: “Contrastare il berlusconismo è un’operazione complessa. Non bastano slogan urlati, bisogna sconfiggere la videocracy sul piano dell’immaginario. Questa è la questione politica”. Così parla un essere umano. E gli esseri umani non sono estinti, per quanti sforzi i nichilisti e i vincitori a oltranza, gli impauriti, facciano per convincerci del contrario. Per questo ce la farà.
Pubblicato sul settimanale "Gli Altri" il 5 febbraio 2010
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