mercoledì 7 aprile 2010

Guzzanti: io e i miei figli non sorridiamo mai


Se gli chiedi un’intervista, ti ringrazia. Ti ringrazia per l’attenzione, perché hai scelto lui e non un altro. Anche se è famosissimo, non è uno di quelli che va in giro dicendo “Lei non sa chi sono io”. Paolo Guzzanti ha un’affabulazione piena di parentesi quadre e di parentesi tonde. Fluviale. Innamorata della vita. Ha settant’anni ed è padre di sei-figli-sei, tre fanno i comici e gli altri tre sono ancora troppo piccoli per dirlo. Nel frattempo parlano inglese (hanno una mamma newyorkese) e frequentano la scuola francese. Ha avuto uno sbandamento grande, un amore politico di troppo - che ha creato il gelo tra lui e i suoi figli grandi oppositori di regime - . Al momento del divorzio, gli ha lanciato contro 500 pagine di un librone serio e compunto, “Guzzanti vs Berlusconi”. Sorride solo da dentro. E’ gentile. Come se fosse una cosa normale, ti dice che quando l’interlocutore parla, in pochi minuti gli fa la radiografia, perché sente il rumore che fanno i pensieri. Posizione scomoda, perturbante, pirandelliana, per chi gli sta di fronte credendo di fargli un’intervista, avvertito però del fatto che sta per essere placidamente e amichevolmente vivisezionato.


Guzzanti, quando al telefono ho sentito le voci di bambini ho pensato ai nipoti, invece sono i suoi figli…Una famiglia estesa abbastanza fuori epoca…

Siccome i miei figli grandi non mi hanno fatto la grazia di diventare genitori, mi sono dovuto “nonnificare” da solo. Liv Liberty ha nove anni, Lars Lincoln sette e Liam Lexington quattro. Il primo dei nomi di ciascuno è svedese-irlandese in omaggio alla nonna, il secondo nome è americano, e il cognome naturalmente italiano. Con la mia seconda moglie, Jill Falcigno, di origine italiana, ci siamo conosciuti a New York tredici anni fa (io allora lavoravo per “La Stampa”) e ci siamo sposati nel ’99 a Long Island. Andiamo spesso in America, e soprattutto in Florida. Ma il mio grande amore americano resta New York.

Cosa rappresenta New York per lei?

Amo ed ho amato New York come si può amare una donna. Quando vado a New York, aspetto il momento in cui sono sicuro che nessuno mi guardi e mi chino per baciare il suolo.

Certo è difficile non essere visti a New York. Non siamo proprio in aperta campagna….

C’è sempre un momento in cui si è sicuri di esseri soli.

Cosa la attira così follemente?

Mi piacciono gli odori fetidi e gli odori forti di New York. L’odore dei supermercati, ma anche quello delle librerie, a New York è un altro….


Detto questo, non se ne è mai andato da Roma…

A Roma sono nato, e a parte tre anni in Calabria (negli anni Settanta feci lì un giornale socialista) e due anni passati avanti e indietro tra Roma e New York, ho sempre vissuto qui. Non mi sento legato a questa città. Tutto sommato non dico che la detesto, ma è una città in cui vorrei venire da turista.

In un certo senso, Roma è “una palude definitiva”.

Roma mi ha stancato. Di Roma detesto la cafonaggine. Il tassista romano è un aggressore. L’oste romano è un aggressore. I primi tempi, mia moglie tornava a casa piangendo per la rudezza della gente. La gente qui non è cortese.

Leggo nel suo blog che quando frequentava la scuola elementare, era “uno scolaro completamente pazzo, indisciplinato e ingestibile... La mia indisciplina consisteva nel fare il verso a tutto e a tutti, riprodurre suoni e facce, prendere in giro tutto ciò che mi sembrava falso”. Quindi l’istinto a leggere il lato buffo della vita poi sviluppato in pieno da Corrado Sabina e Caterina in qualche modo viene da quel bambino lì….

Avevo una maestra, Agnese Marcucci, che ho condiviso con Alberto Ronchey. Era una maestra nazista e papalina in una maniera raggiante. Un personaggio carducciano. Era irresistibile ed era impossibile non imitarla. Fin da bambino io ho avuto questa dannazione: quella di saper imitare, per una specie di sesto senso, in nome di un’acutezza innata e crudele…Io sono abituato a fare la radiografia delle persone, vedo subito non solo i vezzi fonetici ma il funzionamento interno…Disosso l’orologio svizzero che c’è dentro gli altri e lo ricompongo a mio modo. In questo risultato vedo i miei figli i quali sono timidissimi e serissimi. Corrado direi che nella vita è quasi plumbeo, coltissimo raffinato e serissimo. Sabina e Caterina, personalità diversissime tra di loro, sono altrettanto serie. Non siamo tanto degli imitatori, perché l’imitatore è quello che sa rifare esattamente la voce di qualcuno, quanto degli svuotatori della zucca altrui. Poi ti metti dentro la zucca e la rifai in un altro modo ma in una forma riconoscibile. E’ come il paguro che ha preso possesso della conchiglia.

Però, a differenza dei suoi figli, l’immagine di Paolo Guzzanti non si abbina esattamente alla comicità. Lei è molto serio, compunto, anche nelle sue oscillazioni d’umore. A volte è rabbioso e spesso icastico. Non ricordo un suo sorriso in tv. Se la prende sempre molto a cuore.

Non amo scherzare. Prendo tutto molto sul serio, è vero. Quando per quattordici anni a “Repubblica” ho partecipato alla messa solenne di Eugenio Scalfari – che pure era una cosa grandiosa, bellissima, formativa - il gioco delle parti, il gioco delle reticenze, delle adulazioni, delle false ribellioni, la comedie humaine, insomma, era così banale e così esplicita che mi vergognavo per loro e allora non mi restava altro che rifare il verso ai colleghi che non la prendevano bene. Capivano che non stavo scherzando, per questo si incazzavano.

Se non avesse fatto il giornalista, cosa avrebbe voluto fare?

All’Università, ho studiato tre anni di medicina perché volevo fare lo psichiatra. Sarebbe stato un altro modo per mettere a frutto questa particolare “percezione degli altri”.

E cosa vide nell’uomo Berlusconi quando lo incontrò la prima volta?

Andai ad intervistare Berlusconi ad Arcore,per conto di Paolo Mieli. Mi tenne ad Arcore un’intera giornata, e fu paradossale, divertente, sciocco, vanitoso, imprevedibile, arrogante, dolcissimo (perché lui è tutte queste cose messe insieme)…insomma lo trovai un caso straordinario. Allora era solo l’imprenditore Berlusconi, non era ancora un politico….

Quali sono stati i motivi veri e profondi i del vostro “divorzio” politico consumato platealmente un anno fa?

Quello che accaduto in Russia con il caso Litvinenko, e la questione delle donne. Io ho vissuto ideologicamente ed ho molto introiettato da uomo, il femminismo degli anni Settanta. Ero sicuro che certe cose, per quanto primitive ed elementari, fossero state conquistate per sempre, E invece quest’uomo ha polverizzato tutto quello che era stato costruito, riducendo le donne a delle puttane.


Lei ha scritto più di cinquecento pagine su Berlusconi. Più di 500 pagine contro. Ma anche 500 pagine su, intorno, per. In una qualche misura anche il suo libro (Guzzanti vs Berlusconi) accresce il potere simbolico del capo…Non facciamo che parlare ossessivamente di Berlusconi. Non crede che a questo punto l’unica vera ferita che si possa provocare al corpo-monstre (come lei stesso lo chiama) del Presidente del Consiglio, alla sua immagine di Giulio Cesare priapo onnivoro, passi attraverso il silenzio, la protesta muta, l’oblio?

Io ho trattato il tema del berlusconismo e dell’antiberlusconismo come le due anime entrambe perverse di questo paese. L’antiberlusconismo è perverso per il modo si cui si esplica, un modo politicamente perdente. Più gli vanno addosso in maniera grezza e rozza, più Berlusconi becca anticorpi con cui cresce e si rafforza. Ha annunciato la riforma sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica e al prossimo giro andrà al Quirinale. Ci andrà con pieni poteri e avremo un gallismo berlusconiano di un Berlusconi ottantenne, e avremo a Palazzo Chigi la Gelmini o Alfano. E questo mi fa incazzare.

Come ha reagito Berlusconi?

Non ha dato notizia di sé.

Curioso. Non palesarsi, non reagire, non sembra far parte della natura di Berlusconi.

Io ho rotto con lui e lui ha rotto con me in una maniera drammatica, drastica e irrimediabile. Lui mi telefonò a giugno e mi chiese: Posso sapere che cosa ti ho fatto? Perché mi odi tanto? Io gli risposi che la simpatia umana non era cambiata ma che ero convinto che lui fosse diventato un pericolo per la democrazia… Mi offrì di andarlo a trovare ed io rifiutai.


Ha annunciato un secondo libro biografico, in uscita a maggio…

Sto scrivendo la biografia di De Benedetti. All’inizio, De Benedetti non voleva darmi l’intervista sostenendo di essere troppo giovane per dettare le due memorie. Dopo aver letto il libro su Berlusconi, che ha trovato “onesto”, ha cambiato idea. Ancora la volta storia d’Italia raccontata attraverso l’infanzia, l’educazione sentimentale, la storia familiare.


Dal suo punto d’osservazione, quali sono i totem e i tabù di questa società?

Il conformismo. E’ una società che si adatta facilmente su alcune parole d’ordine. Da quattro anni ho spento la televisione per sempre. Trovo inaccettabile tutto quello che accade in tv. Mi vergogno ma io non guardo cinema italiano. Mi fa impressione. In genere, quando vedo un film italiano, vengo infastidito da tutto quel meta-linguaggio finto.


Cosa rivela, amplifica o toglie di Corrado Sabina e Caterina l’immagine televisiva? E lei si riguarda mai?

No, mai. E i miei figli non li vedo in tv ma su You Tube. In questo, la nostra è una famiglia maledetta. Non c’è nulla di divertente, né per loro né per me. Certo, ci sono state le questioni della separazione e i motivi politici, ma l’immagine pubblica ha complicato i nostri rapporti. Loro sono famosissimi e negli anni io sono stato massacrato da milioni di lettere, di email, di insulti di gente che, in nome dei miei figli , ha attaccato “il porco berlusconiano”….Mi sento spesso dire: “Figuriamoci che divertimento quando la sera siete tutti a cena a tavola”. Ma noi non siamo a cena insieme a tavola da vent’anni! Ci frequentiamo molto per telefono o per sms. Con Corrado ci scriviamo sms in inglese. Sabina si è molto tranquillizzata perché sono uscito dall’ottica berlusconiana che, comprensibilmente, le dava disagio. Caterina sta emergendo grandiosamente e siccome è la più piccola ne sono strafelice. Ma non credo che loro leggano i miei libri o vadano a curiosare nel mio blog.


Guzzanti, lei ha lasciato il Pdl per entrare nel Pl. Ma cosa fa il Partito Liberale? Quanti siete?

In effetti siamo un po’ pochini. In questi giorni Stefano De Luca, che è il segretario del partito, mi ha chiesto di fare il commissario per il Lazio e la Campania, io ho accettato, ma non ho nessuna idea di dove andarli a trovare, questi liberali…Però, con mia grande sorpresa, si stanno avvicinando al partito parecchi giovani.

Esiste una sede del Partito Liberale?

Ma no, figuriamoci,. Ci riuniamo clandestinamente nei caffè, o nei ristoranti. Siamo poverissimi.

Lei intitola il suo blog “Rivoluzione italiana”. Quale idea di rivoluzione ha in mente?

La nuova rivoluzione liberale, appunto.

Chi sono i suoi amici? Gente della politica e del giornalismo?

Figuriamoci. Amo molto il mio paese. Lo amo però con disperazione. Gli italiani si dividono in arci-italiani e in anti-italiani. Esprimo il mio amore per l’Italia con un atteggiamento ostile, e mi comporto in tutto e per tutto come se fossi in esilio. Mi diverte questo piccolo partito perché non esiste. Per questo faccio comizi a niente e nessuno. Non so se si ricorda, ma io sono stato il primo conduttore di “Chi l’ha visto?”. Ci piombò addosso un successo mostruoso ed io alla terza puntata scappai. Mi dimisi subito perché mi sentivo fuori luogo. Sentivo l’artificiosità del tutto. Non mi piaceva raggiungere il successo in un modo che non era il mio. Naturalmente la mia è arroganza narcisistica, mica modestia.

Ci sono autori italiani che ama?

No.

Non mi dica che legge solo Philip Roth.

Si leggo solo Philip Roth. Roth è l’umiliazione di tutti gli altri.

Non a caso l’ultimo libro si intitola proprio “Umiliazione”.

Però il titolo originale è più bello, “The Hambling”. Letteralmente indica “l’addestramento attraverso l’umiltà”.

(pubblicato sul settimanale "Gli altri" il 26 marzo)

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