domenica 11 maggio 2008

Gomorra dal teatro alla tv


Non ha effetti spettacolari ma ti trascina dentro una storia nera di ragazzi bruciati. Con le armi mai ambigue della non violenza, evoca la violenza degli affari di camorra: la linea immateriale del danaro che occulta il sangue versato, mettendo in scena pantomime da “società degli uomini”. E’ “Gomorra”, il romanzo-reportage di Roberto Saviano, sintesi alchemica di abilità narrativa e indagine sulla realtà compiuta senza difesa personale dal pericolo (in caso contrario non sarebbero nate quelle parole). In attesa dell’omonimo film di Matteo Garrone, in concorso a Cannes, “Palcoscenico” di Raidue si è aperto con la messa in onda dello spettacolo teatrale di Roberto Saviano e Mario Gelardi, per la regia televisiva di Marisa Vesuviano. Gelardi diceva di essere preoccupato: “Non è l’esito del programma quello che mi rende pensieroso, per sua natura il teatro in televisione non ha fortuna e tutto quello che verrà va giudicato con ottimismo. I miei pensieri girano intorno all’accoglienza che potrà avere il lavoro: si è detto che il mio è uno spettacolo popolare, che piace più al pubblico che agli addetti ai lavori”.
Inconsapevolmente, il regista teatrale ci dà una bella notizia e ci costringe a misurarci sul significato della parola “popolare”. Che “Gomorra”, lo spettacolo prodotto dal Mercadante di Napoli, non abbia completamente soddisfatto gli addetti ai lavori (cosa a noi incomprensibile, dal momento che si tratta di un’opera rigorosa che evita l’epicizzazione banale del crimine, tanto amata dalle nostre fiction) va a suo merito; che abbia riempito i teatri pure. La dolorosa messa a fuoco di uno scollamento del linguaggio politico dalla reale condizione umana non è, ovviamente, solo oggetto di discussione specialistica, e investe sensibilmente la cultura, che nel nostro paese è gestita nella sua gran parte da un’elite miope, una nicchia invidiosa dei Saviano del mondo, di quelli che non si vergognano di andare in prima linea (salvo poi essere costretti ad osannarli quando il fenomeno diventa internazionale o voyeuristico: lo scrittore ventinovenne, minacciato di morte dalla camorra, gira oggi sotto scorta). Lo spettacolo somiglia clamorosamente al libro. Eppure ne è la versione cameristica. Dalla complessa materia messa in campo dallo scrittore napoletano, sono state isolate cinque storie. Dalla parte dei “ragazzi di vita” ci sono Mariano (Antonio Iannello), che è fissato col signor Kalashnikov perché ha inventato il mitra più bello del mondo (per la cronaca, quest’arma ha fatto più vittime della bomba atomica), Kit Kat baby corriere della droga dal destino tragico (Adriano Pantaleo), e Picatchu (Francesco Di Leva), che da grande vuole fare il boss e quindi vuole possedere supermercati, negozi, fabbriche, vuole comprare donne e poi vuole morire, ma “come muore uno che comanda veramente: ammazzato”. Giovin signore dell’Apocalisse, Stakeholder (Giuseppe Miale Di Mauro) è invece uno che ha studiato alla Bocconi e si è “specializzato” nel riciclo e nello smaltimento dei rifiuti tossici. C’è poi l’innocente Pasquale di Ernesto Mahieux, il sarto che ha cucito per una manciata di euro, a sua insaputa, l’abito che Angelina Jolie ha indossato la notte degli Oscar.
Infine c’è lui, Saviano, incarnato da un attore fuori norma, Ivan Castiglione, in grado di mostrarci, secondo una drammaturgia fisica del dolore che scarta la paura, la solitudine di chi è in ascolto e solo dopo aver ascoltato parla.
Nello spettacolo, recitato con realismo impressionante da tutti gli attori, la parola arriva come una scazzottata, una botta di gelo seguita da un improvviso calore: le scene si risolvono in azioni essenziali, in qualche caso minacciose, violente, come è la vita di questi ragazzi che Castigione/Saviano incontra per il suo reportage all’inferno, sentendosi “uno di loro”. La catarsi è vietata, a favore di un rito culturale da vivere in presa diretta.
Tutto questo è popolare? Non piace del tutto agli addetti lavori? Se fosse veramente così, saremmo salvi.

Pubblicato su "Liberazione" del 25 aprile 2008

1 commento:

mariogelardi ha detto...

Come non ringraziarla per questo suo articolo.
Una disamina decisamente chiara del mio lavoro ma anche di quello che volevo dire. Questo spettacolo è un piccolo miracolo produttivo ed umnano, perchè attira attorno a se belle persone.
Mario Gelardi