sabato 27 ottobre 2012

Dobbiamo rottamare i vecchi? Prima sentiamo come parlano i giovani-vecchi

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Un giorno un caro amico scrittore, un outsider che purtroppo se ne è andato troppo presto, mi telefonò per raccontarmi una conversazione che ebbe con un giornalista di un quotidiano italiano (uno che sta, come molti di noi, mezzo dentro e mezzo fuori). Il giornalista parlava di uno dei più autorevoli critici che scriveva per la stessa testata – e di cui neanche troppo velatamente ambiva a prendere il posto in termini di riconoscimento sociale e simbolico – in questi termini: «E’ già morto e non lo sa. E’ vecchio. Puzza di cadavere. E’ solo questione di tempo». Il mio amico, che anche lui in fondo aveva qualche problema con il potere, mi riportò la conversazione tra lo spaventato e il divertito.  Di lì a poco sarebbero morti sia il mio amico sia l’importante critico. In vita è rimasto solo l’aspirante insider.
L’aspirante insider è più giovane degli altri attori di questo piccolo dramma. Non così tanto più giovane, ma un po’ più giovane. Il critico è uscito di scena da vecchio, non da vecchissimo, avendo lasciato una eredità intellettuale immensa ma difficile da gestire. La grandiosità del suo patrimonio intellettuale è da attribuire di sicuro al suo spirito giovane e combattivo (non ha mai smesso di creare e scoprire anche in punto di morte), mentre la mancanza di eredi non si può che tributare alla sua precoce senilità, alla sua cupa tendenza ad accentrare e tenere tutto sotto chiave fin da quando era ragazzo. Questo il vecchio critico. Poi c’è il giornalista più giovane che pronuncia questa frase, quando l’altro è ancora in vita: «Puzza di cadavere». Che è un modo per nominare insieme l’età avanzata del critico e la sua (auspicata) perdita di potere. E non c’è niente di più patetico – agli occhi di una società fatta di insider e aspiranti insider innamorati delle varianti immaginarie della rottamazione con tanto di fiamme e di diavoli – che la vista di un uomo importante che finalmente esce di scena, con il corpo flaccido e lo scettro rotto. Un vecchio che puzza è uno che fondamentalmente si toglie dalle palle. Questo è il pensiero neanche troppo inconscio del giornalista più giovane che non vede l’ora di soppiantare il vecchio, in ruolo, possibilità e credibilità. Lui pensa che sia giusto così: i giovani devono prendere il posto dei vecchi. Amen.
Ma quanto è giovane questo aspirante insider? Dobbiamo considerarlo tale solo perché ha qualche anno di meno del vecchio critico? Vogliamo dire questo? No che non vogliamo dire questo. Anzi vogliamo dire proprio il contrario, e cioè che l’aspirante insider è il più vecchio di tutti, nel senso che è - tra gli attori di questa operina -  il più senile, il più osceno. Ma lui non se ne va a casa la sera dicendo alla moglie: quanto sono senile, quanto sono osceno! Perché ha dalla sua parte una società di giovani giusti che sono incazzati con quei vecchi che non se ne vogliono andare, e chiunque direbbe che hanno ragione. Ammantando di nobiltà una faccenda che alla fine riguarda soprattutto cuore e fegato…e bile.
Allora lui, il giovane che poi non è tanto giovane, telefona alla gente dicendo di quel tale che sta morendo: «Puzza di cadavere e non lo sa».  Tranne qualche caso isolato (il mio amico, per esempio, che era un po’ spaventato), l’auditorio applaude. Il pubblico si scompiscia dalle risate. Più forti sono gli applausi e più fragorose sono queste risate, e più la puzza della senilità invidiosa si sentirà meno. Tanto sono "gli altri" i vecchi i morenti e i potenti. Noi che cosa c’entriamo con questo schifo?
(Pubblicato su "Gli Altri")



1 commento:

Andrea Consonni ha detto...

perfetto quadro il tuo, essendo più pessimista io mi sento di dire che la puzza di cadavere e di marcio è qualcosa di condiviso fra le varie generazioni, nonni, padri, figli, bisnonni che esce dalle loro vite.
probabilmente bisognerebbe ripartire da qui, dal marciume che ci portiamo dento a prescindere da tutto. partendo da qui, forse si potrebbe andare avanti con più umiltà, facendosi da parte quando ce lo sentiamo, perchè ce lo sentiamo eccome se uno sente.
non tanto per sempre.
magari solo per un po', per qualche anno.
questo vale anche per i giovani, che si facessero da parte per qualche anno.