venerdì 9 gennaio 2009

Trovare fili d'erba nella ex DDR


SCANDICCI (FIRENZE).Uscire fuori. Correre. Come Silvia - che è magra e ascetica - sui rollerblade. Fare domande. Ascoltare. Rifiutare, dopo essere stati rifiutati, le poltrone di velluto rosso dei teatri italiani dove ormai si muore d’asfissia. Respirare l’aria mischiata al cemento. Piantarsi ostinatamente là dove non c’è niente e i corpi acerbi se ne stanno buttati come fagotti su una panchina, o tra le merci di un centro commerciale, senza poter comprare niente, aspettando solo che si faccia sera. Sentire freddo. Raccogliere le paure dell’adolescenza frugando dentro la propria stessa adolescenza, quando si faceva teatro in posti abbandonati e gelidi. Essere giovani a quarant’anni. Camminare sui marciapiedi di luoghi che fanno spavento. Fragili. Vulnerabili. Sorridenti. Registrare tutto, specialmente il pericolo. Ridisegnare l’utopia nella traccia rabbiosa di uno strumento musicale. Essere punk essendo padri. In viaggio, sempre. Il loro nome, Motus, non viene forse da una parola latina che indica il movimento? Invece di museificarsi, riavvolgendosi - come hanno fatto tanti loro coetanei - nella difesa apatica della propria estetica, Daniela Nicolò e Enrico Casagrande se ne sono andati negli ultimi anni in giro nelle “zone bianche” del mondo ad ascoltare i battiti cardiaci di ragazze e ragazzi che si sentono simili a erbacce, “piante vagabonde che muoiono in un posto per rinascere uguali poco dopo”. Ed è nelle banlieues d’Italia Francia e Germania che i Motus hanno raccolto i suoni e le immagini più belle e più vere del nostro teatro, scrivendo sul corpo snodabile e misterioso di Silvia Calderoni e dei suoi compagni X (ics), Racconti crudeli della giovinezza, progetto in tre movimenti, una performance, e un film per appunti di cui il Teatro Studio di Scandicci sta proponendo in questi giorni le più recenti articolazioni (fino a domenica 11 gennaio).
X.03, il terzo movimento, è accordato sui suoni post-bellici di Halle-Neustadt, città della ex DDR dentro cui rimbombano i passi isolati dei pochi sopravvissuti, artisti, randagi, vecchi e poco più che bambini che in numero esiguo abitano le stanze disadorne e i marciapiedi spessi di un mondo improduttivo, a tratti nostalgico, dove tutto è caduto: il Muro, l’utopia del socialismo reale, le fabbriche. Traghettatrice tra un mondo e l’altro, giovane Caronte in pattini, Silvia diffonde un volantino: “Mi sto cercando, se anche tu ti sei perso contatta questo numero (Ich suche mich)”. Ed è attorno a questo gesto minimo che si aprono le porte di un universo che sembrava addormentato: la cantante Ines Quosdorf, i nonni che parlano russo, gli adolescenti che nelle band improvvisate di musica punk trovano il modo per aggirare l’autismo a cui la società degli adulti li avrebbe altrimenti condannati.
Mentre le immagini trattengono il reticolato acido e ventoso di una città spettrale, nei cui pixel si mischiano volti introversi, affabulazioni generose, sacchetti di plastica ed angoli di ferro e cemento, le scene teatrali enfatizzano la dimensione dell’attesa, svelando verso la fine dello spettacolo l’interno di un appartamento tedesco dove una ragazza impaurita dai tuoni si lascia spegnere, buttata su un divano marrone, triste come i suoi pensieri che diventano sempre più flebili, rosicchiati. La sua vita anonima, destinata al silenzio e forse anche al sacrificio, è molto diversa dalle esistenze di chi cerca per sé il successo, “quei borghesi che non si rendono conto di essere malaticci”. E’ una vita che a fatica può dire ogni giorno di esserci ancora, di poter ancora respirare. Ma proprio registrando quella morte apparente, lo stato d’animo di chi è stato abbandonato e dimenticato, Daniela Nicolò e Enrico Casagrande trovano il modo – delicato e fermo – di indicarci una possibilità di visione altra: “Ci sono piante che si insidiano negli interstizi del cemento più duro e lo spaccano…radici che deformano marciapiedi, squarciano selciati e si riprendono lo spazio sottratto con paziente tenacia”.
Nella giornata di domenica il pubblico toscano potrà assistere anche a Crac, deriva non teatrale di X, “partitura fisica d’emergenza”, sempre con Silvia Calderoni, e a “Ics, note per un film”, che contiene preziosi materiali prima scartati e poi rimontati seguendo il respiro rabbioso e dolce dei giovani di periferia.
X.03 replicherà invece a Bologna (6 e 7 febbraio all’Arena del Sole) e a Milano (7-8 aprile al Franco Parenti). In attesa del movimento aggiuntivo di questi “Racconti crudeli” che mostrerà in primavera a Napoli i risultati scenici della recente residenza/incursione dei Motus tra i quartieri di Scampia e San Ferdinando: “Per cogliere immagini che non corrispondono ai soliti stereotipi di bullismo e micro-delinquenza, ma per registrare tentativi di essere, di fare e di reagire artisticamente al deserto creato dagli adulti”.

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